Lucca

Mattoni rossi, stretti stretti in un abbraccio che tutta la cingono.

Lucca mi appare così, contenuta nelle sue mura che mai furono impiegate militarmente. Mi piace questo dettaglio.

La cinta muraria è oggi luogo del tempo libero, del piacere, dell’aria aperta, del relax, della gioia di vivere.

La storia antichissima della città è evidente. 

Le stradine sono anguste, le case medievali, quasi appiccicate, le piazze e le piazzette incastonate come pietre preziose.

La sensazione è quella d’un viaggio nel tempo, color mattone. 

È una città colta Lucca, lo si evince in ogni dove, una città dove l’essenza della toscanità ha il sapore d’un buon vino, degli insaccati dal gusto deciso, contadino, dove nessuno spreco vien concesso, dove nulla si butta. Ha le sembianze del borgo la città, passeggio e osservo antiche insegne, profilate d’oro, a raccontare stili ed epoche differenti.

Scritte Liberty, anfratti bui, quelli tra un vicolo e l’altro, piazze e piazze e piazze. 

Mi emoziona quella ovale, la perfetta cornice che fu anfiteatro, oggi le abitazioni ocra che la popolano creano una sublime danza cromatica, pantone del sole.

La giornata primaverile invoglia l’andare a zonzo, anche se la bicicletta mi sembra il mezzo più adatto per spostarsi qui. 

Inforco e giù a pedalare, circumnavigo la città come un moderno Magellano e mi guardo attorno, verde e rosso mattone si mescolano dinnanzi a me. 

Una volta erano solo cipressi, oggi platani, ippocastani, aceri, cedri, lecci, uno dopo l’altro, ombre sovrapposte, anche la mia si sovrappone, a tratti, ed io scompaio, come fagocitata dall’ombra gigante della natura. Nel platano mi perdo. Mi piace divenir tutt’uno con questa selva cittadina.

Sono quattro i chilometri di mura che scorrono veloci, al profumo di vegetazione e piccole buche di sassi color sabbia. 

Nel cestino pane e salumi, due bicchieri, che a fermarsi si è sempre a tempo. 

Il tempo, lascio che scorra lieve, lieve come una piuma che vola, come le note di un’aria che aleggia, note che furono pene d’amore, 

Ma nel ritrar costei il mio solo pensiero, il mio sol pensier sei tu, Tosca, sei tu!“. 

Puccini, illustre lucchese, piacevole ripercorrere i suoi luoghi più significativi. 

Riscoprire le antiche locandine di liriche. 

Preziose opere d’arte che tengo fra le mani, riproduzioni certo, ma così graziose che me ne sto qui a rimirarne dettagli e colori.

La misura della quotidianità appare d’un vivere quieto a Lucca, d’una accoglienza spoglia di vezzeggiativi, d’una normalità che mi pare le renda giustizia. 

Lucca la trovo più sincera, più ritrosa, più vera di altre parti di Toscana.

Con la bicicletta si può partire alla scoperta delle sue cento chiese, magari, forse, dieci possono bastare, perchè a entrarci, nelle chiese, ti perdi tra Tintoretto e Ghirlandaio, tra mosaici e organi, ti perdi nella storia e nell’arte che sono passate da qui. 

L’arte ti avvolge completamente e non c’è nulla di più sublime, o quasi.

In un attimo, un calice di rosso tra le mani, e mi siedo con amici che qui ci attendono. A parlar di vita, progetti, sogni.

Alzo lo sguardo e lo rivolgo alla torre, eccola, regina della città. Eccola, col suo verde giardino pensile. Immensa nei suoi 44 metri, quelli che la distinguono da tutto il resto del centro storico.

Domani ci saliamo, oggi mi fermo qui, in contemplazione estatica e mi lascio andar a mille “divagazioni e garbugli”, così, per far tardi e assaporare anche l’anima notturna della città.

Buonanotte Lucca…

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